I musicisti di successo molto spesso ammirano gli altri musicisti di successo. Gli “sfigati” sono invece tendenzialmente maldisposti nei confronti dei musicisti di successo.
Questo si nota molto se si ha rapporti con musicisti stranieri provenienti specialmente da nord Europa o Stati Uniti. In questi paesi l’invidia tipica del nostro modo di pensare è rarissima, questo perché quando un musicista ha successo diventa per gli altri musicisti una persona di grande ispirazione, qualcuno da cui imparare qualcosa o da prendere a modello.
Per la maggior parte dei musicisti italiani questo atteggiamento di “ammirazione” è ritenuto sbagliato, oppure istintivamente si tende ad invidiare chi ha successo. Il più delle volte chi ha successo viene considerato sgradevole, oppure viene ritenuto di successo esclusivamente grazie all’ottimo marketing che il suo manager o agente è in grado di fare, o peggio ancora perché gode di raccomandazioni ecc.
È innegabile che ci sia chi effettivamente si appoggia alle raccomandazioni, o chi utilizza vie poco lineari per ricavarsi il proprio spazio. Ma in assoluto chi ha raggiunto il successo dovrebbe essere considerato un musicista interessante se non altro per capire che metodo ha seguito per arrivare al successo.
Un esempio classico di cui si parla tanto in questi anni è Giovanni Allevi. Effettivamente è un musicista con capacità tecnica e compositiva come tanti altri, però il tutto strutturato opportunamente per creare un prodotto che funziona benissimo, pur non avendo portato nulla di nuovo dal punto di vista musicale.
Quindi, pur non promuovendo un discorso musicale innovativo, dal punto di vista del successo Allevi è sicuramente uno che “ha sbancato”, quindi quanto meno è da considerare con attenzione per capire quali sono i motivi del suo successo.
Ha dunque ragione chi ritiene Allevi solo una costruzione del marketing? Forse sì, ma va detto che è costruito con un tale criterio, con un lavoro complessivo sull’immagine e sulla musica talmente importante ed efficace, da diventare automaticamente meritevole di considerazione. Un pianista classico (o presunto tale) che riempie i teatri di mezzo mondo con pubblico pagante e che quando sale sul palco viene acclamato quasi fosse una rock star, obiettivamente non può essere liquidato come un bluff. Al contrario, da un certo punto di vista ha ragione lui. Per inciso, ci sono tanti altri musicisti ritenuti di livello superiore che propongono sempre le stesse cose e nessuna innovazione.
Non sono quindi d’accordo con chi pensa che i musicisti di successo siano il più delle volte privi di sostanza e che il vero artista debba essere la persona incompresa, sventurata o tormentata, nonché povera o priva di mezzi. La storia lo insegna, anche quella recente del Novecento.
Ad esempio nella differenza tra Schönberg e Stravinsky: Schönberg che, per quanto io ammiri come compositore innovatore (ed è probabilmente il musicista che mi ha influenzato maggiormente), ha fatto una vita molto disgraziata finendo in miseria, a fianco di un musicista come Stravinsky che ha avuto un successo enorme, anche in termini di ricchezza monetaria. Lo stesso Schönberg provava una chiara invidia verso Stravinsky, che considerava un falso moderno. Però noi oggi consideriamo Stravinsky come uno dei più grandi musicisti della storia del Novecento!
Il successo non ha nessun tipo di collegamento con la qualità. Viceversa, però, la tua condizione di incompreso o sfigato non mi garantisce che fai musica di valore!
Interessante questo tuo spunto. Personalmente credo che la musica è sempre un emozione che si veicola, che si propaga a qualcun altro. Chi ti ascolta, se ti lasciasse almeno arrivare almeno fino ritornello, dovrebbe trarne una sensazione piacevole, emotivamente profonda. Questo comporta che tu venga riconosciuto come colui che ha creato tutto questo. Essere riconosciuti per me è molto più importante che avere successo. Il successo, come suggerisce la parola, lo puoi mettere “sul cesso” e poi tirare la catena, perché non comporta una base di stima e di fiducia come invece si ha nel “riconoscimento”. Se io ti riconosco come musicista capace (di scrivere e/o di eseguire e/o di interpretare) difficilmente ti tradirò perché porterò sempre dentro qualcosa che mi hai dato solo tu. Al contrario se sei un musicista di successo, posso benissimo scambiarti con un altro tuo simile, perché la sensazione che cerco non è così viscerale, profonda, ma è semplice intrattenimento, un divertissement. Questo lo dico perché “successo” e “riconoscimento” non sono sempre riferibili alla stessa persona. Allevi ha successo ? Certo, è innegabile. Ma lo riconosco ? Personalmente no. Non mi dice nulla di nuovo, né trovo emozionante la sua composizione, la sua esecuzione e il suo modo di interpretare. Felice per lui però che le cose gli vadano bene, questo sempre. Rovazzi ha successo ? Si assolutamente. Però quello che fa lui lo ritrovo in un’altra dozzina di sedicenti cantanti che propongono pezzi come i suoi. E Britti ? Beh per me è un’artista che “riconosco” e che ha avuto/ha anche un discreto successo (paradossalmente meno di Rovazzi però). Ma se nella stessa sera ci fossero Rovazzi e Britti chi andrei a sentire ?